Anni 60: la CAPANNINA (Sapore di sale)
di Evasio Galeotti
Dal 1959 al 1963 l’Italia conobbe la sua vera rivoluzione
industriale: un mondo contadino e artigiano stava cedendo il passo a una
società di larghi consumi e finalmente dopo anni di stenti e privazioni, gli
Italiani cominciarono a conoscere quello che fu definito “miracolo economico”.
I consumi alimentari aumentarono e si diversificarono, cominciò la
motorizzazione di massa, i tetti delle case si popolarono di antenne della
televisione, i frigoriferi e le lavatrici meccaniche invasero le abitazioni. Le
“vacanze” non furono più il privilegio di pochi e l’Italiano medio,
economicamente evoluto, con ogni mezzo, accodandosi nelle biglietterie delle
stazioni ferroviarie o formando il famoso “PLURICHILOMETRICO SERPENTONE” di
utilitarie e motoscooter, in rigorosa fila sull’autostrada del sole, si
trasferiva dal nord al sud a godersi il mare, il sole e l’aria non ancora
inquinata del “ Bel Paese”, unendosi a quella vera e propria migrazione di
popoli a carattere stagionale e godereccia costituita da venti e più milioni di
turisti stranieri che ogni anno si riversavano sulle spiagge e nelle nostre
città. Furono le estati dei “Favolosi anni 60”.
Anche la musica leggera, rompendo con i canoni classici della
cosiddetta canzone italiana, contribuì ad alimentare questa ventata di
ottimismo che aleggiava in ogni angolo della penisola. Sapore di Sale,
Abbronzatissima, Legata a un granello di sabbia, Con le pinne fucile e
occhiali, alcuni dei titoli delle canzoni più diffuse dalle radioline e
gettonate nei Jukebox, le cui note, i testi, gli interpreti, riconducevano al
desiderio di evasione della gente comune e alla voglia di avventura dei
giovani, alla ricerca di innocenti trasgressioni durante le vacanze estive.
L’ombrellone, la sabbia, il mare blu, il bagnino col pattino rosso erano i
simboli dell’estate; l’EMBASY, la CAPANNINA, il PIPER, LA PINETINA, LA BUSSOLA
i nomi alla moda dei locali nei centri balneari più rinomati, dove le balere, i
piccoli bar, le pinete, i muriccioli del lungomare furono i fedeli testimoni
delle tenere carezze e dei primi baci che le ragazze corteggiate, italiane o
straniere, concedevano ai loro “FILARINI” al primo appuntamento.
E fu così che anche Carpignano si inventò la sua spiaggia, il
suo mare e il suo locale dal nome importante: “LA CAPANNINA”. Fu costruita in
legno, a ridosso dell’argine del fiume Sesia, in una rada boschiva, con la
vegetazione tipica del bosco fluviale, a monte della chiusa della roggia
“Biraga” (500 metri), a nord-ovest della zona denominata “BOSCO DEI PRETI”, ai
margini di un sentiero boschivo che proseguendo il suo percorso verso Nord,
raggiunge la zona “Valera” che fiancheggia un tratto di fiume denominato “RAMO
DELLA CAVALLA”.
Nacque più per goliardia che per interessi economici, dall’idea
di tre amici che la battezzarono con le iniziali dei loro cognomi: “TO.PE.GA.”.
Un basamento di legno rialzato, diviso in terrazzino e pochissimi metri
quadrati coperti, accessibile da una solida scaletta, dipinta con colori in
sintonia con l’ambiente: sembrava uscita dalla fantasia di Walt Disney, più
adatta a ospitare i sette nani di Biancaneve nel bosco incantato o i tre
porcellini che si difendevano da Ezechiele Lupo, che ristorare i bagnanti.
Il fiume Sesia, da sempre frequentato da gente del posto e
forestieri, essendo a carattere torrentizio, era tra quelli più pescosi, per
cui si radunavano pescatori di varie province, anche della vicina Lombardia. In
quegli anni nelle lame limpide di acqua sorgiva si trovavano varie specie di
pesce tra i quali il cavedano, il barbo, la trota, il luccio, l’arborella, la
carpa e non mancavano le anguille. Durante l’estate, per le caratteristiche del
suo letto, il Sesia si è sempre prestato alla balneazione. Quel piccolo capanno
catalizzò l’attenzione degli abituali frequentatori del fiume: si vendevano
bevande, granite, panini; la musica non mancava e tanta fu la concentrazione di
persone che a noi di Carpignano parve di avere il mare sulla porta di casa e
ribattezzammo la TO.PE.GA. “La Capannina”, che ricordava molto i locali delle
ormai conosciutissime città della riviera.
Un intreccio di strade campagnole e sentieri di bosco
facilitavano allegre scorribande a piedi, in bicicletta, in motorino e anche
con piccole utilitarie per raggiungere quel tratto di Sesia ormai noto come “La
Capannina”, dove le acque del fiume si allargavano e formavano una “lama”
estesa e profonda circoscritta dai prismi di cemento proiettati nell’alveo,
protetta dall’argine rifatto con scalette di servizio, comode per raggiungere
il corso dell’acqua e, tra i cocenti sassi bianchi trasportati e levigati dalle
correnti e il margine dello specchio d’acqua, una distesa di fondo sabbioso
fungeva da spiaggia. Nelle limpide giornate estive, il cielo azzurro trafitto
dai raggi solari completava un vasto e suggestivo panorama, avente come sfondo
le Prealpi biellesi e, più a nord, il gigantesco massiccio del Monte Rosa,
maestoso nei suoi mutevoli colori. Questi sentieri tortuosi, quasi sempre
percorsi in bicicletta, impolverati e soleggiati, profumavano degli odori di
fieno e di acacia e, come in un labirinto, entravano e uscivano dai boschi
ombrati, sfiorando rogge e fontanili, dove l’inconfondibile richiamo del
cuculo, i fischi dei merli, i melodiosi concerti degli usignoli, rallegravano
il tragitto dalla periferia del paese alla riva di quel fiume, che, travestito
da spiaggia, ai tanti TURISTI DI GIORNATA concedeva parte del suo letto e “La
Capannina”, quel localino immerso nel verde, circondato da intricati cespugli,
con un tappeto di ghiaia sabbiosa e di erba cipressina, tra libellule e
farfalle colorate, fu il nostro “LIDO”. Inoltre, considerando l’euforia che le
vacanze estive suscitavano in quegli anni, quel luogo fu il “POSTO AL SOLE” per
chi come noi sognava “LA ROTONDA SUL MARE”, le onde marine e le spiagge
affollate. Stancamente sdraiati sulla sabbia, abbronzati dai raggi del sole,
ascoltando da una radiolina “SAPORE DI SALE” con gli occhi socchiusi, “La
Capannina” era in fondo a “VIALE DEI TIGLI” e un amico tornato dalle vacanze ci
raccontava che in Versilia aveva conosciuto una liceale bella come
“GUENDALINA”, la ragazza del film con gli occhi verdi, i capelli lisci,
innamorata e romantica, l’amore di una sola estate.
Riaprendo gli occhi, “La Capannina” era lì, accanto al fiume che
era il nostro mare, e, tuffandoci nelle sue dolci acque, a noi mancò solo il
“SAPORE DI SALE”………….
Riporto una brano della poesia dialettale “LA SESIA” scritta dal
poeta contadino Cavaliere Olivo Giuseppe Gozzi.
Da tuc i temp la Sesia l’è ‘l lido da Carpigneun
E ven teunta sgent anca di pais lunteun
Dla “CAPANNINA” a la Valera a lonc dal ripar
‘nghè teunta sgent mè vesi ‘l mar
Chi ca fa ‘l bagn, chi la marenda o pia ‘l sul
E chi tra i gavas e i pieunti al fa l’amur (…)